L'Aprosiana
Quando Aprosio, erudito Frate Agostiniano
nato a Ventimiglia nel 1607, poco prima della fine di metà
?600, lasciò Venezia per tornare in Liguria non aveva idea
di sistemare la biblioteca a Ventimiglia e cercava una città
meno periferica. Però l'amico Padre Basilio Bernardi,
proponendo le ragioni del cuore, gli riaccese il ricordo del luogo
natio: in particolare spiaceva all'erudito frate che la
città avesse fama di pessimo clima e d'aria malsana
(argomento su cui in seguito ritornò per dimostrarne la
falsità: ma in vero le grandi paludi generate dalla
tracimazione dei mal arginati Nervia e Roia erano un fatto
innegabile ai suoi tempi, tanto che l'area dei "Paschei", dove oggi
grossomodo sorge il sistema municipale della città, era
limosa e malsana) e nei suoi scritti cercò spesso, al
contrario di elogiarne i pregi (anche per non lasciar intendere
-come si sussurrava nei salotti alla moda- che egli mal soffrisse
quella sorta di provinciale esilio dall'amata Venezia o comunque
dalla ricca Genova). Anche per questo dovette rispondere a qualche
quesito, di cui non è rimasta traccia, sulla sua vita in
Ventimiglia, del raffinato erudito toscano Jacopo Lapi elogiando
forse oltre misura la terra natale: fatto sta che il Lapi ne
dovette restar convinto perchè in una lettera di risposta,
catalogata al suo nome in "Fondo Aprosio-Biblioteca Univ. di
Genova" e datata del 30 aprile 1660, gli rispose: "...Mi sovviene
che nella sua lettera ella mi dava avviso come se ne stava
costà per queste montagne del Genovesato mangiando di buone
trote e a buon mercato e bevendo alla nostra salute, al chè
Le rispondo con un magnifico: Buon pro Le faccia... (Aprosio gli
doveva aver elogiate le trote che si pescavano nel Roia, argomento
cui alluse in vari suoi scritti, ed in particolare gli doveva aver
fatto lelogio del vino "Muscatellinus, prezioso e sofisticato e
rovinato nell'Ottocento dai parassiti dei vigneti, che più
volte descrisse come degno di star alla pari dei vini pregiati e
celebtrati dai grandi poeti greci e latini: B.DURANTE,
Idealizzazione letteraria di un ambiente geografico (un "elogio
barocco" di Ventimiglia, in "Indice", 28 (1981),
pp.26-28.
Realizzata dopo varie traversie
nell'intemelio Convento di S.Agostino (nella parte bassa e paludosa
della città, allora semideserta) l'Aprosiana fu da
metà ?600 la prima biblioteca pubblica della Liguria con una
dotazione di varie migliaia di volumi, incunaboli e codici
Manoscritti (di manoscritti ne restano ora una quarantina di vario
argomento, non esclusa una preziosa variante delle Obras di Gongora
e la Consolatoria del Rizzo, opera ignota alla bibliografia
spagnola, individuata ed edita criticamente nel Il Quaderno
dell'Aprosiana, Vecchia Serie da A.M.Mignone). Aprosio (vincendo le
opposizione di un frate a lui ostile, forse un ex Priore che
nominò sempre e solo con uno pseudonimo spregiativo, quello
di Tragopogono o Barba di caprone) fece apportare delle modifiche
al lato orientale del convento ed ottenne una sede più ampia
per la biblioteca: aveva da sistemarvi anche la propria Pinacoteca
di ritratti, parecchi davvero (forniti da quelli che egli chiamava
Fautori cioé sostenitori dell'Aprosiana) e doveva ricavarvi
anche uno spazio per disporvi i reperti archeologici o
d'antiquariato che aveva collezionato ed in particolare i pezzi di
una discreta raccolta di monete greche e romane. Lavorò
senza soste nella sua biblioteca, ospitandovi personaggi anche
illustri (si veda qui la citazione sulla mensa per gli "ospiti" che
fece quando scrisse del Convento ventimigliese di Agostiniani dove
prese anche la consuetudine di tenere adunanze erudite). Neppure
disdegnava le opere manuali e molti volumi, specie le raccolte di
pubblicazioni minori fuse in grandi tomi -le miscellanee- le
realizzò di persona grazie all'esperienza di legatore che
aveva fatto ai tempi del soggiorno veneziano. Il suo impegno
continuò fin quasi alla morte nel febbraio del 1681 quando
-essendo tormentato dai postumi di una vecchia malaria- lo
sostituiva sempre più spesso il nuovo, giovane bibliotecario
Domenico Antonio Gandolfo poi accademico d'Arcadia col nome di
Arcanio Caraceo. Dopo il Gandolfo fu terzo bibliotecario un de
Lorenzi che redasse un primo catalogo o Pandette della raccolta
libraria che conobbe un degrado quando fu occupata e saccheggiata
dalle truppe austriache a metà settecento durante la guerra
dei Sette Anni sì che alla fine, fortificati chiesa e
convento tra 1746 e '47, l'intiera struttura divenne un avamposto
contro le forze franco-ispane asserragliate in Ventimiglia alta e
che non mancavano di bombardare il complesso o di tentare contro di
esso delle avventurose aggressioni, anche di notte. In particolare
l'ufficiale francese La Molinere tentò di prendere la base
del Convento grazie ad un assalto notturno che condusse a capo di
500 fanti; egli, dopo aspre sparatorie, riuscì a forzare le
difese e ad entrare nel chiostro mettendosi, pur a scapito di
considerevoli perdite, al riparo dal tiro dei fucilieri austriaci
dislocati sulla Loggia superiore dell'edificio e nei locali della
biblioteca: non potè tuttavia di fermare un altro corpo di
archibugieri nemici che, sopraggiunto alle spalle, lo falciò
assieme a diversi suoi soldati sì che, a gran stento, i
Francesi riuscirono a riportare nel borgo medievale intemelio il
loro coraggioso ma sfortunato ed ormai esanime comandante: la
biblioteca non si riprese dai danni di questi scontri armati (nel
chiostro conventuale per respingere i Francesi invasori, gli
Austriaci oltre che a sparare dal tetto e dalle sale della
biblioteca si erano dati da fare in ogni modo pur di difendere la
loro posizione, gettando sui nemici materiale anche pregiato che
andavano raccogliendo, non esclusi libri e tele cui era stato dato
fuoco per procurare maggior danno. Dopo la Rivoluzione francese, la
soppressione del Dominio di Genova e l'istituzione della
Rivoluzionaria Repubblica Ligure del 1797 la Biblioteca non
riuscì a riprendersi dal degrado e quindi Napoleone,
divenuto padrone d'Italia oltre che di mezza Europa, nel suo piano
di riforme prese a sopprimere ordini religiosi come quello degli
Agostiniani che non fossero dediti alla carità o
all'assistenza: il materiale librario dell'Aprosiana fu così
in parte svenduto (soprattutto a nobili bibliomani come il genovese
Durazzo che, tra l'altro, acquistò a poco prezzo le parti
rimaste inedite del catalogo scritto da Aprosio dei suoi volumi e
di cui, come noto, fu pubblicata solo la I parte: ora nella
genovese raccolta Durazzo-Pallavicini) in parte venne spedito a
Genova (dopo una selezione del materiale fatta del docente genovese
di etica Prospero Semini/-o) per un'istituenda biblioteca centrale.
Caduto Napoleone la Biblioteca non riconobbe affatto l'antico
splendore ed anzi, dope le leggi siccardiane anticlericali, il
Convento di S.Agostino fu parzialmente espropriato: divenendo
Carcere degli espulsi dalla Francia.
La biblioteca, sottratta al controllo monastico degli agostiniani, dovette abbandonare la sede originaria e il patrimonio librario venne accatastato in un corridoio presso la Chiesa di S. Francesco nella città alta o medievale, sull'altura a levante del Roia: il bibliotecario nominato dal Municipio intemelio, tal Antonio Ferrari, tentò di redigere un inventario delle preziose opere ma non potè del tutto impedire che, per la precaria sistemazione, vari volumi venissero manomessi o rubati.
Un passo lieve nel recupero di questa grande
ricchezza culturale di Ventimiglia si fece molti anni dopo quando
furono nominati bibliotecari prima il notaio G.B. Amalberti e
quindi (1842) un altro notaio Antonio Laura cui spetta il merito di
aver fatto portare via i volumi da quell'angosciante sistemazione
per farli collocare più dignitosamente in un areato locale
prossimo alla stessa Chiesa di S. Francesco.
Altri importanti contributi alla tutela
dell'Aprosiana furono poi dati dal bibliotecario nominato nel 1857,
canonico Andrea Rolando che ne stese un abbozzo importante di
catalogo (tuttora custodito nella biblioteca) ed ancor più
dai successivi bibliotecari Callisto Amalberti e Girolamo Rossi
che, tuttavia, dovettero dispiegare le loro prime energie per
salvare materialmente i libri dopo che la Liguria ponentina era
stata colpita dal devastante terremoto del 1887.
I volumi subirono quindi un ulteriore trasferimento e vennero,
rinchiusi entro casse, deposti nei locali del Civico Teatro di
Ventimiglia, che è stato poi trasformato nell'attuale
moderna sede dell'Aprosiana.
Un mecenate inglese, Sir Thomas Hanbury, fin troppo celebre per
scriverne qui alcuna nota (basti pensare ai prestigisi "Giardini"
che realizzò alla Mortola), preso da autentico amore per
Ventimiglia e per le sue ricchezze culturali, mise a disposizione
una somma cospicua per realizzare, su progetto di un tal geometra
Zanolli, una sede degna dell'Aprosiana.
Contestualmente lo stesso Hanbury
fornì all'Amalberti e al Rossi le risorse economiche
necessarie per portare a compimento una moderna "catalogazione": la
nuova sede dell'Aprosiana fu inaugurata il 30 luglio 1901 mentre la
catalogazione durò per tre anni ancora (alla fine ne rimase
unico autore lo storico Girolamo Rossi il cui prezioso "catalogo"
per oltre una settantina d'anni fu il solo punto di riferimento
attendibile per "navigare" nel grande mare dei libri della
biblioteca).
Al Rossi seguirono poi altri bibliotecari di
prestigio dai professori Nereo Cortellini e Luigi Palmero (che ebbe
il gran merito di recuperare molti libri ritenuti persi) sino a
Nicola Orengo che, tra il 1931 e il 1933 diede grande impulso alla
rinascita dell'Aprosiana e non solo come biblioteca pubblica: anche
lui recuperò tanti libri antichi ritenuti smarriti e
soprattutto aumentò il patrimonio librario sin a 9169
unità avendo ottenuto dal Ministero della Pubblica
Istruzione un contributo per, finalmente, aggiornare anche con
libri moderni una biblioteca praticamente rimasta ferma alle
acquisizioni del XVIII secolo.
A lui, cui spetta anche il merito di aver
lasciato una vera e propria cronistoria delle vicissitudini della
"Libraria", succedettero altri importanti e laboriosi bibliotecari
come gli storici Filippo Rostan (anni 1933 - 1937) e Nicolò
Peitavino che amministrò la biblioteca fino all'inizio del
II conflitto mondiale.
Il suo successore Nino Lamboglia (emerito fondatore dell'Istituto
Internazionale di Studi Liguri di Bordighera) succedette al
Peitavino salvando con vari espedienti da furti e scorribande,
durante la II guerra mondiale, la biblioteca.
Essa fu poi sistemata nella ex sede del Liceo
Classico intitolato a G. Rossi e poi, verso i primi anni '50 del
1900, l'intera raccolta trovò la sede definitiva (coi volumi
disposti in eleganti armadi lignei in stile proposti da E.Azaretti,
illustre dialettologo) dove ora si trova, cioè nella
ristrutturata e adattata sede del Civico Teatro (ove come detto era
già stata custodita) in via Garibaldi nel sestiere Piazza
della città alta o medievale di Ventimiglia.
Dopo le dimissioni del Lamboglia, impegnato soprattutto nelle sue
ricerche archeologiche, si ebbero altri bibliotecari di prestigio
come il prof. Giovanni Giraldi, il prof. Giuseppe Laura ed ancora
Francesco Biamonti, anni dopo destinato ad assurgere a propria
spiccata gloria letteraria coi suoi romanzi di ambiente
ligustico.
Sino al 1982 la Biblioteca Aprosiana fu quindi diretta dalla dott.
Serena Leone Vatta che, accogliendo l'invito dell'ex Soprintendenza
Bibliografica di Genova, con l'ausilio di vari laureati e laurendi
(Giuliana Bucci, Bruno Bergamini, Aldo Calmarini, Franca Guglielmi,
Maria Teresa Marenco, Clotilde Masera, Renata Rebaudo, Giulio
Rigotti) provvide alla schedatura scientifica manuale delle 7094
opere che individuò nell'inventariazione del fondo storico
(i lavori si protrassero dal I-XII-1972 al 25-VII-1975).
Sotto la direzione della Leone Vatta si tennero quindi le
celebrazioni aprosiane per il tricentenario della scomparsa del
fondatore (1981)
Fu un momento di grande spessore culturale
con pubblicazioni, cicli di conferenze, mostre e manifestazioni
artistiche di contorno assai importanti e qualificate (in tale
contesto è da menzionare l'ausilio prestato da un autentico
moderno "estimatore" dell'Aprosiana il Sig. Erino
Viola).
Dopo il pensionamento della dott. Leone Vatta
la Biblioteca, con delibera di giunta comunale su indicazione del
delegato comunale alla cultura Gaspare Caramello, venne assegnata
alla tutela, come sovrintendente scientifico, del prof. Bartolomeo
Durante, già attivo partecipe e conferenziere alle
"Celebrazioni del 1981", che si valse della proficua collaborazione
dell'illustre ispanista Mario Damonte e della sua assistente dott.
A.M. Mignone che stavano studiando l'importantissimo materiale in
lingua spagnola dell'Aprosiana, fin a redigerne un sontuoso
catalogo.
A colmare il vuoto amministrativo e dirigenziale lasciato dalla
Leone Vatta il comune di Ventimiglia, conservando ad interim al
Durante la carica di consulente scientifico, distaccò quindi
all'Aprosiana il rag. Carlo Canzone che assunse di fatto le veci di
Bibliotecario e che, dando prova di efficienza, ebbe la
capacità, in cooperazione col Durante, di recuperare il
"fondo manoscritto e non" del giallista di origini ventimigliesi
Alessandro Varaldo e soprattutto l'importante "fondo di documenti
antichi e non", denominato "fondo Bono" dallo studioso che lo
lasciò postumo, in cui è possibile leggere ex novo
parte della storia intemelia dell'età intermedia.
Non è peraltro da dimenticare che proprio sotto la gestione
di Carlo Canzone -che ne fu anche curatore- prese il via la prima
importante serie di pubblicazioni seriali note oggi sotto la
denominazione di "Quaderni dellAprosiana - Vecchia
Serie".
Dopo che il Canzone venne assegnato ad altro
incarico, assunse per concorso la reggenza dell'Aprosiana l'attuale
bibliotecario Ruggero Marro che si sforzò, dopo un breve
periodo di ambientamento, di migliorarne ulteriormente la valenza
culturale, la funzionalità e la dotazione sia libraria che
strumentale e tecnologica non trascurando certo di attivarne con
crescente rilevanza le notevoli qualità di polo
intellettuale ed editoriale.
Essa , con vari contributi (comunali e
regionali) è stata di recente del tutto restaurata,
informatizzata, protetta dal punto di vista climatologico e
conservativo, fornita di centro stampa e diffusione automatica di
dati, armata di ottimi strumenti di difesa e di antifurto,
suddivisa organicamente in due strutture funzionali, di modo che
mentre il grande fondo storico si trova al piano elevato in
ambiente confortevolissimo il fondo moderno -frequentato da un
pubblico assiduo ma meno specialistico- è comodamente posto
al I piano dove stanno gli uffici, in positura ideale per il
controllo ed il servizio dell'utenza.
Attualmente costituisce un punto di riferimento facilmente accessibile e consultabile, addirittura un nodo parauniversitario di studio e di interscambio culturale del quale è ormai impossibile fare a meno al fine di percorrere inesplorate strade nel "grande mare" di quella letteratura, soprattutto barocca, di cui l'Aprosiana costituisce davvero una sorta di "insigne monumento".